giovedì 20 luglio 2006

Gettare fango sul pinguino

Spesso mi imbatto in pubblicità negative volte ad infangare l'ottima reputazione del nostro amato Linux.
Le pubblicità Microsoft sulle riviste informatiche sono veramente ai limiti del pacchiano e spesso mi fanno anche sorridere, ma a ritrovarsele davanti mese dopo mese ci si infastidisce, e non poco.

Di seguito, un interessante (anche se non recente) articolo tratto da Zeus News:


Gettare fango sul pinguino

Linux è davvero dieci volte più costoso di Windows Server 2003? La migrazione inversa (da Linux a Windows) è così massiccia come affermano gli uomini dello zio Bill? Ecco ciò di cui Microsoft si augura non vi accorgiate.

Non c'è solo la sinistra correlazione tra il sistema operativo free più popolare e la pirateria informatica a gettare sconforto tra gli utilizzatori. Un'altra forma con cui si sta manifestando la politica denigratoria nei confronti di GNU-Linux è la martellante campagna "Get the facts", in rete e sulle riviste di IT.

Funziona più o meno così: su un motore di ricerca digitate le parole "distribuzioni linux", perchè magari volete un obiettivo confronto tra le opportunità che il pinguino vi offre. Il motore vi indirizza su una pagina il cui primo link, sponsorizzato, vi manda a un sito che con GNU-Linux ha ben poco a che spartire.

Sul sito si legge: "Da una recente ricerca è emerso che usare Linux è 10 volte più costoso di Windows Server 2003. Lo studio, certificato dalla società di ricerca indipendente META Group, ha misurato i costi di gestione di Linux..." eccetera eccetera.

Parole come "certificato", "società indipendente", dovrebbero infondere un senso di protezione, di sicurezza. A noi vengono invece alla mente cose tipo Palladium e, chissà perché, sentiamo un brivido lungo la schiena.

Ovviamente, da questi studi risulta che "[...] il mainframe con Linux, se paragonato a Windows Server 2003 [...] ottiene performance inferiori a costi superiori.". Si può tranquillamente concludere che, per le grandi imprese, la migrazione da Windows a Linux è "costosa in modo proibitivo, estremante complessa e non offre guadagni tangibili".

E poi via, a ruota libera, parlando anche di numerosi casi di "reverse migration", ovvero la migrazione di ritorno di alcune aziende da Linux a Windows - evidentemente non deve essere altrettanto costosa, complessa e priva di guadagni tangibili. Come al solito, il nostro buonsenso è l'unica arma contro un'informazione parziale e fuorviante.

Per prima cosa diffidiamo per natura di chi dispone di mezzi finanziari e di informazione superiori (e questo non vale solo per l'informatica). La pubblicità a pagamento, i redazionali sulle riviste più quotate e i link sponsorizzati sulle primarie pagine web non sono alla portata di sviluppatori e utilizzatori di software libero. Nemmeno le microscopiche aziende che distribuiscono versioni commerciali di Linux possono fare granchè contro il colosso di Redmond.

Inoltre, secondo il principio di Belzebù, una notizia che porta acqua al mulino della fonte non gode di una grande attendibilità, per quanto la fonte stessa sia autorevole.

L'esperienza personale di chiunque abbia a che fare con l'informatica parla di un crescente successo di GNU-Linux, che magari non è ancora arrivato a numeri importanti, ma che non accenna a rallentare.

Non ci azzardiamo a negare i casi di reverse migration (da Linux a Windows), sorretti da ponderose analisi tecniche ed economiche, ma sappiamo bene che i casi di normal migration (da Windows a Linux) sono molto più numerosi, sia perchè li abbiamo visti concretamente, sia perchè spesso ne siamo gli attori diretti.

Poiché sappiamo che non è saggio ascoltare solo una parte, occorre verificare che cosa ne pensa l'altra campana: per esempio, il sito di Novell ha una pagina che titola più o meno così: "Raddrizziamo la verità. Le cose di cui Microsoft si augura non vi accorgiate", ricca di interessanti considerazioni.

Segnaliamo anche CXO-today che ribatte: "Se Microsoft costa meno di GNU-Linux, allora la terra è piatta".

Ma la critica forse più interessante alla campagna di Microsoft viene dall'Italia e ce la segnala il lettore Tiziano. Secondo questo articolo di Marco Trevisani, Microsoft non avrebbe tutti i torti a parlare di minore TCO (Total Cost of Ownership) per le proprie soluzioni. Tuttavia aggiunge: "la mia coscienza mi impone di chiedermi da dove derivino questi costi aggiuntivi a cui il software libero è soggetto".

La risposta sta nell'impreparazione tecnica e culturale delle società di consulenza IT. Il TCO è superiore perché chi si dovrebbe occupare di installare, configurare e insegnare GNU-Linux agli altri non è in grado di adempiere a questi compiti perché non ha fatto, a sua volta, adeguati investimenti in formazione.

Se un'azienda non intende più spendere denaro per acquisire diritti di utilizzo sempre più vincolati e immateriali e cerca una piattaforma software indipendente, risulta difficile trovare qualcuno che la supporti in questa difficile scelta. Sempre secondo Trevisani, "il costante utilizzo di software e sistemi operativi in cui non dobbiamo sapere pressochè nulla per poterli utilizzare, piano piano ci impigrisce la mente e ci livella in basso".

La cosa ha anche importanti risvolti sulla competitività del nostro sistema economico. Nella ricerca affannosa del risparmio a breve termine, proseguiamo a impoverire le risorse umane di cui disponiamo.

Nell'Italia povera di industrie, organizzazione e materie prime, è un suicidio sprecare una ricchezza disponibile gratuitamente (i sorgenti aperti del software libero) e potenzialmente creatrice di nuovo sviluppo, col risultato di legarci sempre più strettamente alla vorace politica commerciale di Microsoft.



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domenica 16 luglio 2006

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